© Silvia Lelli
Georg Friedrich Händel
Messiah
HWV 56 Oratorio in tre parti per soli, coro e orchestra su testo di Charles Jennens
direttore Antonio Greco
soprano Maria Grazia Schiavo
mezzo soprano Victoria Massey
tenore Mert Süngü
basso Christian Senn
Ensemble Cremona Antiqua
Coro Costanzo Porta
Chi non ha ascoltato almeno una volta il celeberrimo Halleluja di Händel? Il giubilo corale che, dopo le parole di Isaia scelte a sottolineare il compimento di tutte le profezie nelle opere di Cristo, si eleva quasi improvviso a celebrarne l’estatica visione. Cuore espressivo del capolavoro che segna il trionfo di un genere, l’oratorio, che il grande compositore affina chiudendo l’attività, in quel momento poco fruttuosa, di operista italiano. È il 1741 quando il librettista Charles Jennens gli invia un nuovo testo, tratto dalla Bibbia e da salmi dal Book of Common Prayer. In poco più di tre settimane Händel porta a termine la partitura del Messiah. Il successo è inequivocabile fin dalla prima esecuzione, nell’aprile 1742 a Dublino, dove secondo i giornali “i migliori intenditori sono stati concordi nel giudicarlo il suo più compiuto lavoro musicale”.