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- Data di creazione 27 Maggio 2016
- Ultimo aggiornamento 27 Maggio 2016
Primo omaggio di Ravenna Festival 2016 a Nelson Mandela
Sabato 28 maggio ore 21
Sabato 28 maggio, ore 21 nella Chiesa di San Giacomo a Forlì, il Festival entra nel vivo con l’esibizione dello straordinario gruppo di vocalist ‘a cappella’ Ladysmith Black Mambazo. Un concerto particolarmente significativo in quanto sarà il primo appuntamento di un focus che, nell’edizione dedicata ad una icona del mondo contemporaneo come Nelson Mandela, consentirà al pubblico di scoprire la grande ricchezza artistica e culturale del Sudafrica. Alla cerimonia per la consegna del Nobel, a Oslo nel 1993, ad accompagnare Nelson Mandela c’erano proprio loro, i Ladysmith Black Mambazo. E anche l’anno dopo, alla gioiosa cerimonia del suo insediamento come primo Presidente di colore di una nazione dalla storia tanto travagliata. Del resto, fu proprio Madiba ad affidargli quel ruolo di “ambasciatori culturali del Sudafrica nel mondo”, quasi una missione che da sempre il gruppo corale porta avanti celebrando a ogni concerto il messaggio di libertà, pace e uguaglianza propugnato per tutta la vita da Mandela stesso. Il titolo del cd con cui, nel 2014, si sono aggiudicati il quarto Grammy Award (ma al prestigioso premio sono stati nominati ben 16 volte) suona come una vera e propria dichiarazione di intenti, Singing for Peace Around the World.
Il concerto dei Mambazo, come tutti gli appuntamenti del Festival programmati a Forlì, è organizzato in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e il determinante sostegno della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e di Cariromagna.
Era il 1964 quando il giovane Joseph Shalabala fondò il gruppo: Ladysmith dal nome della cittadina agricola, a metà strada tra Durban e Johannesburg, dove era nato; Black in onore del bue nero, il più possente tra gli animali da fattoria; Mambazo, che in lingua zulu significa “accetta”, per rivendicare l’abilità canora del gruppo, destinato a stravincere ogni competizione abbattendo ogni rivale. Ed è proprio così che andò, fino a quando, alla fine degli anni Sessanta, dopo aver conquistato ogni premio possibile, il gruppo fu bandito da tutte le gare: troppo bravi per concorrere, continuarono però a parteciparvi come ospiti d’onore. In un Sudafrica diviso dall’apartheid, per gli artisti e i musicisti si aprivano due possibili percorsi di resistenza: alcuni si fecero interpreti di un potente messaggio di aperta e violenta ribellione contro gli orrori della segregazione razziale; altri, come i Ladysmith Black Mambazo, scelsero la protesta pacifica. Così, seguendo l’esempio americano di Martin Luther King, Joseph Shabalala firmò molte canzoni capaci di esprimere e di infondere speranza in un domani migliore, tanto che quando, nel 1990, Mandela fu scarcerato dichiarò che i Ladysmith Black Mambazo erano stati per lui uno dei più potenti messaggi di pace ascoltati in prigione.
Il fascino di questo starordinario gruppo è nell’immediatezza espressiva con cui riescono a comunicare con il pubblico internazionale, senza rinunciare alle loro radici culturali e musicali, e anzi lavorando alla salvaguardia del patrimonio tradizionale tramandato di generazione in generazione. In particolare, quelli che il gruppo propongono sono gli stili vocali tradizionali zulu, il mbube (leone) e quello detto isicathamiya, diffuso dai minatori del Sudafrica - lontani da casa e dalle famiglie, i lavoratori, pagati miseramente, trovavano sistemazioni di fortuna nei pressi delle miniere, dove, al termine di una massacrante settimana lavorativa, lenivano la fatica e la solitudine cantando fino all’alba della domenica. Gli anni Settanta videro esplodere in patria l’enorme successo del gruppo; fu una trasmissione radiofonica, sempre nel 1970, ad aprire loro le porte di una formidabile carriera discografica (che oggi conta più di cinquanta incisioni). Così, quando a metà degli Ottanta Paul Simon approdò in Sudafrica alla ricerca di nuove suggestioni musicali, fu immediatamente conquistato dai loro ricchi e irresistibili arrangiamenti vocali, tanto da coinvolgerli in Graceland (1986), l’album che diventa la pietra miliare nella storia e nel successo planetario della world music. E’ sempre Paul Simon poi, l’anno successivo, a produrre il loro primo disco pubblicato negli Stati Uniti, Shala Zulu, che, manco a dirlo, si aggiudicherà il Grammy Award.
È proprio la collaborazione con Simon, soprattutto i 16 milioni di copie vendute con Graceland a lanciare il coro sudafricano in tutto il mondo e a trasformarlo in uno dei più famosi gruppi vocali “a cappella”. Da quel momento fioccano gli inviti a partecipare ai festival più titolati (Montreaux incluso) e le collaborazioni con pop e rock star del calibro di Steve Wonder, Dolly Parton, Ben Harper e Michael Jackson, che li vuole nel video di Moonwalker, e con tanti altri. Persino il mondo dei cartoon si accorge di loro e li coinvolge nella colonna sonora del film Il Re Leone, della Disney. Cantano anche di fronte a Giovanni Paolo II, e viene loro dedicato un documentario, On Tip Toe: Gentle Steps to Freedom, nominato agli Oscar. Continuano ad esibirsi in tutto il mondo: Shabalala ha lasciato le redini del gruppo al figlio Thamsanqa, ma rimane dietro le quinte garantendo sempre l’autenticità e la “missione” del coro: pace, amore, armonia.
Info e prevendite: tel. 0544249244
Biglietto (posto non numerato): 20 euro (18 ridotto).
Speciale giovani: 5 euro gli Under 14; 9 euro under 18.
Domenica 29 maggio l’intenso weekend musicale di Ravenna Festival a Forlì prosegue al Teatro Diego Fabbri (ore 21) con Stefano Bollani e il suo Piano Solo. “Guarda che per come suoni tu, se ti metti a fare jazz in pochissimo diventi il numero uno.” Con questa telefonata il grande Enrico Rava, nel 1996, giusto vent’anni or sono, ha convinto Stefano Bollani a smettere di fare “l’impiegato dei cantanti”, aiutandolo a diventare l’artista che è oggi. Dal Conservatorio Cherubini di Firenze ai palchi più prestigiosi del mondo, insieme a grandi orchestre e in “solo”, ha sempre saputo unire le straordinarie qualità musicali alla propensione per l’ironia e il divertimento. Riesce così a passare dagli omaggi alla musica italiana degli anni Trenta e Quaranta, alle sperimentazioni con le quali coniuga musica e letteratura. Poi la grande popolarità, insolita per un musicista jazz, derivatagli dalle fortunatissime trasmissioni in radio e TV, ma anche dall’apparizione, con il nome di Paperefano Bolletta, in due storie a fumetti del settimanale «Topolino», rivista di cui è stato nominato Ambasciatore. Nel suo concerto in piano solo non chiedetegli cosa farà, Stefano Bollani non lo sa finché non appoggia le due dita sui tasti ed inizia a ripercorrere il suo io, la sua memoria, i suoi sentimenti.
Biglietti: Platea 32 euro (28 ridotto); Galleria 25 euro (22 ridotto). Speciale giovani: 5 euro gli Under 14; under 18 50% ridotto