Trilogia d’autunno
Otello
dramma lirico in quattro atti
libretto di Arrigo Boito dalla tragedia Othello di William Shakespeare
musica di Giuseppe Verdi
(Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Otello Mikheil Sheshaberidze
Jago Luca Micheletti
Cassio Giuseppe Tommaso
Roderigo Giacomo Leone
Lodovico Ion Stancu
Montano Paolo Gatti
Un araldo Andrea Pistolesi
Desdemona Elisa Balbo
Emilia Antonella Carpenito
direttore Nicola Paszkowski
regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti
light design Vincent Longuemare
costumi Alessandro Lai
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
maestro del coro Martino Faggiani
altro maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Coro di Voci Bianche Ludus Vocalis
maestro del coro Elisabetta Agostini
“DanzActori” Trilogia d’autunno
direttore di scena Luigi Barilone
maestri di sala Alessandro Benigni, Davide Cavalli
realizzazione scene Laboratorio del Teatro Alighieri
costumi Tirelli Costumi Roma calzature Calzature d’Arte Pedrazzoli srl
coproduzione Ravenna Festival, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro del Giglio di Lucca
Una nuova maratona lirica: tre titoli che si susseguono una sera dopo l’altra sullo stesso palcoscenico, ritmi serrati e un laboratorio che gioca sul filo dell’invenzione e della creatività, intrecciando giovani talenti e moderne tecnologie. È la trilogia d’autunno, che ancora una volta sceglie di indagare il genio di Giuseppe Verdi, trasformando il palcoscenico dell’Alighieri in una vera e propria “fabbrica dell’opera”, capace di dare corpo e voce a tre diversi momenti del suo percorso artistico. A una produzione inedita si affianca la rilettura di lavori già presentati (dal “repertorio” che la formula autunnale già può vantare): muovendo dall’afflato biblico e corale che domina il Nabucco, alla luce che scaturisce dal buio esaltando l’anima di Rigoletto, fino al drammatico contrasto cromatico che unisce/separa Otello e Desdemona.
Non poteva che essere Nabucco ad aprire la Trilogia destinata a ripercorrere la straordinaria parabola creativa di Verdi. L’opera con cui, nel 1841, egli riesce a risorgere dalle avversità del destino e a riprendere in mano la propria vita, di uomo e di musicista, e in cui la dimensione biblica e profetica sfocia in un affresco corale capace di assorbire e sussumere in sé le singole individualità, verso un’ideale unione dei popoli. È in quella partitura che si gettano le basi del successo irresistibile di Rigoletto, primo tassello nel 1851 del trittico “popolare”, e tra tutte l’opera prediletta dall’autore, per la definizione viva del protagonista in un quadro di perfetta unità drammatica. E, in fondo, anche dell’estremo rinnovamento che in Otello (1887) germoglierà dal verbo shakesperiano, approdo inevitabile della “parola scenica” verdiana.