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- Data di creazione 6 Giugno 2019
- Ultimo aggiornamento 6 Giugno 2019
Ravenna, 6 giugno 2019. È stato presentato oggi alla Sala Corelli del Teatro Alighieri il libro di Ravenna Festival 2019. Sono intervenuti: Elsa Signorino Assessora alla Cultura del Comune di Ravenna, Antonio De Rosa Sovrintendente Ravenna Festival e Franco Masotti Co-direttore Artistico del Festival. Ospiti speciali della presentazione Dori Ghezzi e Nicola Piovani che hanno ricordato Fabrizio De André, del quale ricorrono i 20 anni dalla scomparsa. E se a Faber il Festival dedicherà due concerti-spettacolo (l’uno dello stesso compositore premio Oscar, l’altro con Neri Marcorè accanto allo GnuQuartet), è il titolo stesso di quest’edizione - “per l’alto mare aperto” - che richiama uno dei protagonisti indiscussi, il mare appunto, della poetica del cantautore genovese; proprio a Marina di Ravenna, d’altronde, De André trasse ispirazione per la figura del pescatore dell’omonima canzone.
...per l’alto mare aperto...
Il libro di Ravenna Festival 2019
Nel primo libro dell’Eneide Virgilio descrive la tempesta che travolge le navi dei Troiani in fuga dalla loro città, distrutta dalla guerra. Scampati miracolosamente alla furia delle onde, alcuni naufraghi approdano sulle coste di Cartagine, nei pressi dell’odierna Tunisi, sul canale di Sicilia. Vi regna Didone, in fuga da Tiro per sfuggire alla tirannia del fratello, e la città da lei fondata, Cartagine appunto, è ancora in costruzione. Ilioneo, uno dei naufraghi troiani, rivela alla regina la meta verso cui i fuggiaschi erano diretti prima del disastro: l’Italia. E lo fa in questo modo:
V’è un luogo – con il nome di “Esperia” lo chiamano i Greci – terra antica, potente di armi e di campi felici; l’ebbero gli uomini Enotri; adesso è fama che i posteri abbian chiamato quel popolo “Italia” dal nome di un capo. Qui facevamo rotta.
[...] Inevitabilmente leggendo le parole di Ilioneo il pensiero corre ai nuovi profughi che, come i Troiani dell’Eneide, cercano di varcare il canale di Sicilia per raggiungere (come allora) l’Italia, fuggendo da morte e distruzione; e come i Troiani sono vittime di un naufragio. Ci sono troppi dispersi nel mare che fu di Virgilio, troppi cadaveri che fluttuano a mezz’acqua perché quei versi si possano ancora leggere solo come poesia. Sono diventati cronaca. [...] Ripenso con dolcezza e nostalgia al tempo, ormai lontano, in cui l’Eneide era fatta di figure poetiche; ma so che se mi ostinassi a perpetuare quel tempo, nonostante ciò che accade intorno a noi, mi sentirei colpevole.
(da Maurizio Bettini, Homo sum, Essere “umani” nel mondo antico)
È intrecciando il passato con il presente, la riflessione storica con la cronaca pressante dell’oggi, che il Libro di Ravenna Festival si muove “per l’alto mare aperto”, tracciando percorsi che dal mare “romagnolo” del poeta Nevio Spadoni, che ribadisce la denuncia di Bettini, al Mediterraneo di Alessandro Vanoli, per tornare poi sulle nostre sponde con il marinaio scrittore Fabio Fiori che canta il “suo” Adriatico salvatico, selvatico e salvifico insieme. Non si può dimenticare come il tema del mare alimenti da sempre la canzone italiana, e proprio di canzoni davanti al mare scrive Felice Liperi, citando tra gli altri Sergio Bruni, Paolo Conte, Domenico Modugno e, soprattutto, Fabrizio De André a cui il Festival dedica significativi omaggi. Approdarono a Ravenna dal mare anche i classiari, quelli veri ma anche quelli scaturiti dalla fantasia dello scrittore ravennate Matteo Cavezzali e, tra storia e leggenda, santi e personaggi più saldamente legati alla tradizione ravennate, come ci narra Giovanni Gardini: Sant’Apollinare, Galla Placidia e la Madonna Greca.
Un capitolo importante di questa edizione di Ravenna Festival sarà dedicato alle 100 percussioni che invadono anche le pagine bianche del libro con i saggi di Francesco Martinelli sul ravennate Franco Manzecchi, l’indimenticato etnomusicologo Roberto Leydi alle prese con l’iconografia di uno strumento popolare come il tamburello, di Pierfrancesco Pacoda con un omaggio ai Pink Floyd, nonché le testimonianze di compositori quali Edgard Varèse e Steve Reich tanto attenti alle possibiità tecniche ed espressive delle percussioni.
Il percorso nel mondo classico, altro importante nucleo tematico, ha inizio con Dante e con il viaggio di Ulisse di cui scrive il filosofo Mauro Bonazzi, per terminare con il Purgatorio, in un’intervista con Ermanna Montanari e Marco Martinelli a cura di Giulio Sonno: scritti che ci conducono verso le celebrazioni del settimo centenario dantesco, nel 2021, passando per il dia-logo di Ivano Dionigi, la Grecia di Mikis Theodorakis e la dedica a quella terra di Luciano Canfora: “Grecia capta…”.
Anche tutto l’apparato iconografico del Libro percorre il rapporto che lega Ravenna al mare attraversano venti secoli di storia con testimonianze, opere d’arte, e immagini fotografiche. Dal ritratto di Marco Agrippa, ammiraglio e architetto di Ottaviano Augusto e “padre” delle flotte imperiali romane, al ravennate Longidieno, costruttore di navi, a un marinaio graduato della flotta, con le armi in pugno e la divisa rappresentata nei suoi dettagli più minuti. Dal vaso attico giunto a noi grazie alla rete di commerci che gli Etruschi diffusero in ogni angolo della regione, alle sculture che replicano o riprendono i più alti esiti del classicismo greco, alla rappresentazione cinquecentesca della più famosa e leggendaria vicenda di mare narrata a Ravenna, la tempesta di Galla Placidia. Dalla testa di Tyche, divina protettrice della città romana ai semplici segnacoli delle tombe, testimonianze tangibili di gente comune che intrecciò la propria umile storia a quella della città e del suo multietnico porto. Oggetti carichi di fascino e valore storico che possiamo ammirare nel Museo Nazionale di Ravenna, ospitato nella suggestiva cornice dell’antico monastero di San Vitale, e nel Museo Classis, che ha restituito alla pubblica fruizione l’edifico industriale destinato alla manifattura dello zucchero.
Tracce dei legami strettissimi della nostra città con il mare anche nella collezione dei Mosaici Moderni che si realizzò nel 1959, in esposizione permanente al Museo d’Arte della città . Rapporto inequivocabile come nel caso di Renato Birolli, che lo aveva esplicitato nel titolo della sua opera Composizione con elementi marini, così come aveva fatto Bruno Cassinari, con Il Porto, e Giuseppe Santomaso, con Il muro del Pescatore, anche se nel catalogo del ’59 le opere musive recavano solo il nome dell’artista. E poi Antonio Corpora che in Senza titolo, crea un intreccio di maglie scure e campiture dai colori puri che rimandano ad un’estetica cubista, ma alludono alla rappresentazione di un ambiente portuale. Anche Enrico Paulucci chiama la sua opera Senza titolo, ma la narrazione sembra rievocare una città di mare vista da una spiaggia, forse la sua Genova. Altri artisti, traggono ispirazione dal senso di inquietudine che ispira il mare: Lino Linossi lo dichiara con i valori cromatici e i passaggi tonali di Blu oltremare. Con La caravella di Valentina, Bruno Zenobio si riappropria dello spirito di conquista “verso il mare aperto”, ma l’iconografia dello scafo è solo accennata, trasfigurata in una commistione di colore, materia e objects trouvé. Infine Luca Barberini, che in Way out, narra il disperato tentativo dei migranti di raggiungere le nostre coste, alludendo alla dimensione umana di questa immane tragedia: scheletri tutti uguali, sono una massa indistinta la cui storia personale non ha più valore.
Ma Ravenna è anche una città sull’acqua, come l’acqua di falda che affiora nelle nostre antiche chiese, come a San Francesco, dove un’istallazione di Felice Nittolo, compie un suggestivo connubio di forme sferiche, archetipe e perfette, tra il pavimento musivo antico e la superficie dell’acqua. O acqua che zampilla dalla fontana monumentale Ardea purpurea, di Marco Bravura, che riesce a dilatare una forma imponente, pesante e statica, in puro slancio, in pura luce, con tecnica impeccabile, recuperando insieme icone e simboli del passato.
Con le fotografie di Luigi Tazzari che adornano il ‘capitolo’ dedicato a Ravenna e il mare lo sguardo si posa sulla realtà, quella vera, quella che ogni domenica mattina dell’anno 2013 si presentava all’obiettivo del fotografo ravennate. A differenza del minimalismo di Sugimoto, un paragone impossibile da evitare, il mare di Tazzari è una presenza viva, inquieta e potente, che oltrepassa l’occhio per raggiungere il cuore, le emozioni.
Ancora realtà, nelle fotografie di Roberto Muzzi dell’Osservatorio Fotografico che raccontano un paesaggio tra terra e mare – i Fiumi Uniti, nei pressi della foce – in cui è momentaneamente assente ogni presenza umana. Immagini filtrate dal bianco e nero e da un campo visivo ridotto ai particolari per evidenziare, come scrive lo stesso autore «[…] uno spazio simbolico, un luogo artificiale vestito di naturale»: casoni (più che meno) abusivi, moduli di recinzioni metalliche, rivestimenti di plastica ondulati, carrelli per traino di piccole imbarcazioni, vasi da fiori in cemento, “padelloni”, cartelli di invito a moderare la velocità, siepi, segnali di divieto di accesso a proprietà, barbecue fai da te, pavimentazioni d’occasione, pontili per la pesca, orti non conclusi, steccati, cassonetti, piantine appena messe a dimora, catene per impedire il passaggio, guardrail, barriere manuali stradali, passerelle metalliche, cassonetti, piante infestanti rampicanti, piante vagabonde, vegetazione palustre...
Il libro del Festival è in vendita in biglietteria e nei luoghi di spettacolo (30 euro).
Colophon
Direzione editoriale Franco Masotti
Progetto editoriale Giovanni Trabalza
Redazione Susanna Venturi, Cristina Ghirardini
Progetto grafico e impaginazione Antonella La Rosa
Stampato su carta naturale Fedrigoni X-Per
Stampa Grafiche Morandi, Fusignano
Un ringraziamento particolare a:
Luciano Canfora
Elisa Emaldi
Linda Kniffitz
Roberto Masotti
Danilo Montanari
Gabriele Pezzi
Daniela Poggiali
Giuseppe Sassatelli
Luigi Tazzari
Classis Ravenna, museo della città e del territorio
Einaudi Editore
Istituto Biblioteca Classense
Museo d’Arte della Città di Ravenna
Museo Nazionale di Ravenna
Referenze iconografiche
In copertina, © Stefano De Luigi da iDyssey, 2013
Le fotografie dei Fiumi Uniti sono di Riccardo Muzzi
Le fotografie delle stele dei classiari e dei mosaici esposti al MAR sono di Daniele Casadio e Fabrizio Zani
Didascalie foto a seguito:
Testa turrita di Tyche.jpg – Testa turrita di Tyche, rinvenuta nel 1972 a Classe, via Romea Vecchia, marmo, seconda metà II secolo d.C. Esposta presso Classis – Museo della città e del territorio
Luca Barberini - Way out 2015.jpg - Luca Barberini - Way out 2015 – Ravenna, Museo d’arte della Città
Fabrizio de André e Dori Ghezzi nella barca di Pepi il pescatore.jpg - Fabrizio de André e Dori Ghezzi nella barca di Pepi il pescatore, Marina di Ravenna, 1975 (fotografia di Franco Penna, Archivio Danilo Montanari Editore, riproduzione vietata).