© Angelo Palmieri
Le 100 percussioni
Karlheinz Stockhausen
Kathinkas Gesang als Luzifers Requiem
Il canto di Kathinka ovvero il Requiem per Lucifero da Samstag aus Licht (Sabato da luce)
Manuel Zurria flauto
Alvise Vidolin live electronics
con Chigiana Percussion Ensemble
maestro concertatore Antonio Caggiano
in collaborazione con Accademia Musicale Chigiana
Iannis Xenakis
Psappha
per 1 percussionista
Jamil Zidan
Giacinto Scelsi
I funerali di Achille
per 4 percussionisti
Filippo Sinibaldi, Lucrezia Liberati, Giulia Vela, Jin Sun You
Karlheinz Stockhausen
Vibra Elufa
per vibrafono
Antonio Restuccia
Kathinkas Gesang
per flauto e 6 percussionisti
Manuel Zurria flauto
Riccardo Terlizzi, Alessio Cavaliere, Berardo Di Mattia, Antonio Restuccia, Jamil Zidan, Jin Sun You percussioni
“Le 100 percussioni” carnet € 60 (escluso il Concerto Trekking)
In un quarto di secolo, dal 1978 al 2003, Karlheinz Stockhausen compose le 16 ore di musica (estendibili a 29) di Licht – Die sieben Tage der Woche (I sette giorni della Settimana), sette opere associate a ciascun giorno della settimana e ai sette pianeti dell’antichità, articolate attraverso le relazioni di tre soli personaggi: Luzifer, Michael ed Eva. È un mondo simbolico che collega vita quotidiana ed eterna, miti e religioni sia orientali sia occidentali. È soprattutto una sfida allo scorrere del tempo. Stockhausen voleva lanciarla anche al Giorno (cosa che fece in Klang, interrompendosi alla ventunesima ora), poi all’Ora, al Minuto e addirittura al Secondo. Il canto di Kathinka appartiene al Sabato, giorno di Saturno, quindi di Lucifero: una transizione verso la Luce. In questo passaggio, la funzione del canto è di proteggere dalle tentazioni l’anima dei defunti, tramite – spiega lo stesso Stockhausen – “esercizi musicali da ascoltare regolarmente per 49 giorni dopo la morte fisica”. Similmente Vibra Elufa è ricavato come brano autonomo dalla penultima scena di Venerdì, che simboleggia la tentazione di Eva da parte di Luzifer. Licht può esser definito un grande rito musicale, così come I funerali di Achille di Giacinto Scelsi (1962), che “officiò” pure le esequie di Alessandro Magno e di Carlo Magno, e che preferiva definirsi “intermediario” anziché creatore delle sue musiche. Di mascolina e arcaica potenza rituale è permeato anche Psappha (l’antico nome della poetessa Saffo) di Iannis Xenakis (1975), costruito su 2.396 segmenti che si sostituiscono alla tradizionale notazione musicale, creando cellule ritmiche che imbrigliano esecutore e ascoltatore in una partecipazione comune senza possibilità di fuga.