Il poco che rimane dell’antica chiesa, fatta costruire nel V secolo dall’arcivescovo Neone, è quasi tutto sotto terra. Il piano originario infatti si trova oltre tre metri e mezzo più in basso del livello stradale di oggi. Attraverso una finestra sotto l’altare maggiore, si scorge la cripta del X secolo, un ambiente a forma di oratorio sorretto da pilastrini destinato a ospitare le reliquie del vescovo Neone. Il pavimento è costantemente sommerso dall’acqua, che tuttavia permette di ammirare i frammenti musivi del pavimento della chiesa originaria. Il campanile quadrato, alto quasi 33 metri, risale invece al IX secolo, come quello quasi identico di S. Giovanni Evangelista. Nella sua “Guida di Ravenna” del 1923, Corrado Ricci, sottolinea la qualità dei restauri eseguiti appunto sul campanile in quegli anni, ma lamenta la sostituzione delle campane secentesche e settecentesche “dal severo e poderoso suono”, con altre, dal timbro “stridulo”. Dedicata agli Apostoli Pietro e Paolo, poi intitolata solo a San Pietro Maggiore, assume il nome di San Francesco nel 1261, quando passa in concessione ai francescani con case, orti e portici circostanti. I frati conventuali devono abbandonarla nel 1810 per tornarvi poi stabilmente nel 1949. Nel frattempo rifatta e restaurata più volte, la basilica viene praticamente ricostruita nel 1793 da Pietro Zumaglini.
La basilica, dalla facciata semplice, rustica e serena, è indissolubilmente legata ai funerali di Dante Alighieri, celebrati con tutta probabilità il 15 settembre 1321, davanti alle massime autorità cittadine, con Guido Novello da Polenta in prima fila insieme ai figli del Sommo Poeta, Pietro e Jacopo, e alla figlia, suor Beatrice. Il poeta trecentesco Cino da Pistoia, “maestro” di Francesco Petrarca, dedica all’evento il poema Su per la costa, Amor, de l’alto monte, che si chiude con questi versi:
…quella savia Ravenna che serba
il tuo tesoro, allegra se ne goda,
ch’è degna per gran loda.
Quando i frati tornano a Ravenna, appunto nel 1949, ottengono dall’arcivescovo Giacomo Lercaro di rientrare nella “loro” basilica, la “chiesa di Dante”. E nell’imminenza del settimo Centenario della nascita di Dante si creano le condizioni una specifica attività “dantesca”. Ci pensa padre Severino Ragazzini (1920-1986) che fonda il Centro Dantesco e ne è direttore fino all’improvvisa morte. Con straordinaria passione si impegna per realizzare un’opera “che non avesse solo la durata di un centenario, ma si prolungasse nel tempo, prendendo sempre più spazio e importanza”. Il festival ha scelto di portare sotto quelle volte liturgie e canti sacri da tutto il mondo, recuperando una tradizione che risale alla seconda metà del 1600 quando, nel vicino convento e nella chiesa si udivano “musiche esquisite”.
Come arrivare
Piazza San Francesco, 1 – Ravenna
Spettacoli in questo luogo
Questo sito utilizza i cookie per rendere migliore la tua esperienza di navigazione. Continuando la navigazione accetti l'utilizzo dei cookie secondo quanto descritto nell'informativa