“Qualunque futuro possa avere la mia sinfonia, ogni volta che verrà eseguita, il pubblico ricorderà”: è con queste parole che il compositore americano William Schuman ha affidato al mondo la sua Sinfonia n. 9 “Le Fosse Ardeatine”, cuore del concerto che Riccardo Muti dirige il prossimo 24 marzo – alle 21 nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma – per commemorare l’80° anniversario di quella strage.
Promosso dalla Fondazione Orchestra Giovanile Luigi Cherubini con il patrocinio del Ministero della Cultura, del Comune di Roma e della Comunità Ebraica di Roma e il contributo della Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’evento vedrà Muti sul podio dell’Orchestra Cherubini, alla quale si uniranno strumentisti della Banda dell’Arma dei Carabinieri. Le 335 vittime dell’eccidio perpetrato dai Nazisti il 24 marzo del 1944 a Roma saranno ricordate con un programma che, accanto alla prima italiana della Sinfonia n. 9 di Schuman, prevede l’Incompiuta di Schubert. Il concerto, a ingresso gratuito, è organizzato in collaborazione con ANFIM – Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri, Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Ravenna Festival.
Ingresso gratuito su prenotazione: biglietti prenotabili online (massimo due per persona) cliccando QUI o sul sito orchestracherubini.it dalle ore 10 di sabato 9 marzo. Info 0544 249244
Era la primavera del 1967 quando William Schuman (1910-1992), nato in una famiglia ebrea di Manhattan e premio Pulitzer per la musica nel ‘43, visitò il memoriale delle Fosse Ardeatine con la moglie e una coppia di amici residenti nella città eterna. “In nessuna delle mie precedenti sinfonie ho usato un elemento estrinseco o non musicale – spiegherà il compositore circa la decisione di legare la sua nona sinfonia alla memoria dell’eccidio – Francamente, non c’è un valido motivo musicale per questa integrazione al titolo della composizione. L’opera non tenta di rappresentare l’evento in maniera realistica e il suo effetto sul clima emotivo del lavoro avrebbe potuto rimanere una questione privata. Le mie ragioni non sono quindi musicali, ma filosofiche. Bisogna venire a patti con il passato per costruire il futuro, ma in quest’opera sono nemico dell’oblio”. Nel 2019, in occasione del 75° anniversario dell’eccidio, Riccardo Muti ha diretto la Chicago Symphony Orchestra nella Sinfonia n. 9 di Schuman; quest’anno, Muti – da sempre devoto al valore etico, e non solo estetico, della musica – porta la Sinfonia “Le Fosse Ardeatine” per la prima volta in Italia, sul podio dell’orchestra giovanile che lui stesso ha creato, esattamente vent’anni fa, per il perfezionamento e la crescita di musicisti under 30.
Fra gli orrori di guerra, quello delle Fosse Ardeatine non è certo quello numericamente più rilevante della storia del Novecento; eppure, si staglia come un doloroso simbolo sul periodo di assoluto caos che l’Italia attraversò in quegli anni. Come ha sottolineato il giornalista e scrittore Federico Rampini, quell’esecuzione di massa rappresentò non un atto di guerra ma di terrorismo. Nella Roma che l’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva di fatto consegnato nelle mani dei Nazisti, la bomba che i partigiani fecero esplodere in via Rasella il 23 marzo del ‘44 uccise trentadue soldati tedeschi e due civili. Piuttosto che tentare di individuare i responsabili, il comando tedesco decise di giustiziare, entro le successive ventiquattro ore, dieci italiani per ogni soldato tedesco. Il totale – che comprendeva prigionieri politici, ebrei e detenuti delle carceri fasciste – superò le aspettative: in 335, per la maggioranza civili di ogni estrazione sociale, furono trasportati alla periferia di Roma, in un’area di catacombe lungo la via Ardeatina. Sessantasette turni di esecuzioni più tardi, gli accessi alle gallerie furono minati nel tentativo di nascondere l’accaduto, ma il rumore delle esplosioni attirò l’attenzione dei religiosi salesiani della zona, i primi ad accorrere sul luogo dell’eccidio. Fra le vittime c’erano anche membri dell’Arma, incluso il ravennate Giovanni Frignani, tenente colonnello che arrestò Mussolini.