Mozart? Mozart!
17 giugno – 23 luglio 2006
Se veramente esiste la possibilità di incontrare delle voci del passato, se c’è un musicista che io vorrei incontrare questi è Mozart. Se potessi scegliere non chiederei Bach, Leonardo, Michelangelo, ma Mozart, perché vorrei capire chi era quest’uomo, perché dentro di lui c’è una forza talmente fuori dalla natura, neppure soprannaturale, da lasciarti sgomento. Mozart ti dà l’idea di qualche cosa in più
che esiste da qualche parte e che in lui si è fatta musica, si è fatta umana. Mozart è chiaramente l’espressione di altri mondi, di altre possibilità che in lui si rivelano. Quindi vorrei vederlo in faccia, vedere chi era quest’uomo che racchiudeva in sé tanta sconfinatezza.
Riccardo Muti
2006 e quindi… Mozart, ineluttabilmente, e più che una celebrazione si tratta di uno spunto per una lettura diversa del grande Amadé, magari interpretato attraverso una figura che gli fu molto vicina ma di cui noi non sappiamo poi tanto: quella di Emanuel Schikaneder, attore, impresario, drammaturgo e gestore del popolarissimo teatro di periferia Auf der Wieden, nonché committente
di quel Zauberƒlöte, di cui fu anche librettista e protagonista, nei panni di Papageno. In quella “sconfinatezza” di cui ci parla Riccardo Muti v’è posto sia per il sublime e l’etereo che per l’umano in cui la musica di Mozart si incarna, con tutte le sue declinazioni e inclinazioni, che dal cielo ci conducono verso la terra e gli abissi che in essa si aprono. Questa apertura illimitata, questa capacità di tenere assieme ‘alto’ e ‘basso’ si esprime anche in quella simpatia con cui Mozart guarda a tutti i personaggi comici e ai peccatori.
Non v’è casualità nell’incontro con Da Ponte e con Schikaneder (quest’ultimo conosciuto già da quando, nel 1780, il capocomico era passato da Salisburgo, in tournée con la sua compagnia teatrale), nel senso che mediante il suo teatro e la sua musica Mozart mette in scena l’uomo e quell’umana commedia che si dipana dalla nascita alla morte, con toni di verità e comprensione dei moti dell’animo che hanno pochi precedenti (e successori). Ecco allora la scelta di affidare ad un regista contemporaneo, tra i meno ‘istituzionali’ ma conosciuto in tutto il mondo, un’insolita interpretazione di Mozart e del
suo mondo, che può rimandare a quella sorta di falansterio – il Freyhaustheater, ovvero il ‘teatro della casa libera’ – in cui Mozart amava rifugiarsi, nell’ultimo straordinario e terribile anno della sua vita, per respirare quell’atmosfera palpitante di arte e di vita creata dall’allegra compagnia di attori-cantanti di Schikaneder. E se Mozart compose buona parte del suo
Flauto magico in quel “casinetto” le cui assi sono oggi religiosamente ricomposte e conservate nel giardino del Mozarteum di Salisburgo il festival ripropone una libera rivisitazione di quella fervida situazione creativa ed esistenziale con un grande “accampamento” teatrale, tra metafora e realtà, dove la separazione tra arte e vita viene meno e tutto diventa scena e ogni gesto e voce teatralità ed espressione.
Il festival si fa dimora, accampamento, per un teatro di esuli capaci di abitare – per necessità e fatalità – un territorio d’elezione, unico e trans-nazionale; esuli che in lunghi anni di lavoro hanno costruito ponti leggeri e resistenti per mettersi in contatto, e linguaggi estetici per comunicare al di là delle lingue e con tutte le lingue. Una di queste isole (le “isole galleggianti del teatro”) è proprio
l’Odin Teatret, e a fondarla più di quarant’anni fa è stato Eugenio Barba, regista e studioso delle diverse tradizioni teatrali europee ed asiatiche, pioniere nella ricerca di quei principi transculturali che stanno alla base dell’arte dell’attore e del danzatore. Eugenio Barba ed il suo Odin Teatret (che ha sede a Holstebro, in Danimarca) realizzeranno appositamente per il Ravenna Festival un “Don Giovanni all’Inferno” (che sarà allestito nel ‘sulfureo’ Magazzino dello zolfo) dove la figura del grande libertino viene riletta non solo attraverso il suo primo creatore letterario Tirso de Molina, al suono delle musiche di Mozart (Don Giovanni e il Requiem), ma anche del Don Juan aux Enfers di Charles Baudelaire. Nella consapevolezza che il personaggio di Don Giovanni affonda le proprie radici in aree culturali e linguistiche diverse, l’Odin ne proporrà una versione che ne mette in rilievo l’universalità, radicata in miti ancestrali, e nello stesso tempo la modernità (analogamente alla musica del grande salisburghese), perché l’universo di Mozart, come ha scritto il musicologo-psicoanalista Maynard Solomon è “incerto, un dedalo di corridoi verso l’ignoto e l’imprevisto”.
Ma vi sarà un altro grande evento che l’Odin realizzerà a Ravenna (e subito dopo nel castello di Kronborg, a Elsinore, in Danimarca, laddove è ambientata la tragedia shakespeariana): l’Ur-Hamlet, ovvero l’Amleto originario, tratto dal Gesta Danorum di Saxo Grammaticus del 1200 D.C. (la fonte a cui attinse William Shakespeare). Qui il teatro diviene la realtà assoluta e i personaggi la incarnano seguendo tradizioni asiatiche, africane ed europee intrecciando danza, teatro cantato e parlato, rappresentazione corale e tecnica del contastorie e del clown. Insieme agli attori dell’Odin Teatret agiranno infatti danzatori afro-brasiliani del candomblé e attori di Nô e di Gambuh, le più antiche tradizioni teatrali esistenti, sorte nelle corti del Giappone e di Bali del XIV e del XV secolo (vi saranno 48 musicisti e attori balinesi, giapponesi, indiani, afro-brasiliani e dello stesso Odin Teatret, oltre a un ‘coro’ di 35 attori di diverse nazionalità). Lasciamo che sia lo stesso Barba a raccontarci qualcosa dello spettacolo che si appresta a realizzare:
Hamlet, Arlecchino, Don Juan e Doctor Faustus sono archetipi bastardi, senza una madre certa e molti padri. Sono entrati a far parte della moderna cultura europea attraverso le prime compagnie professionali specializzate nel vendere spettacoli. Siamo all’origine del teatro europeo, gli anni del “Secolo d’oro”, fra il XVI ed il XVII secolo. Erano anni di pestilenze, di stragi e guerre di religione. Hamlet, Arlecchino, Don Juan e Doctor Faustus arrivarono sulle scene nascondendo, sotto l’arcobaleno delle facezie e sotto i loro mantelli pensosi, una natura incontrollabile e selvaggia. Erano tutti e quattro esperti nell’arte di far fuori gli avversari con stratagemmi, malefici e armi. I profumi della cultura raffinata dissimularono gli odori acri del sangue, del sesso e della violenza e li trasformarono
in gioielli d’arte. E così riuscirono a non farci più paura. Nelle loro vesti fantasiose, poetiche, filosofiche e melanconiche abitano i libri di scuola e profumano la vita intellettuale di noi adulti. La loro originaria sostanza scellerata e spoglia di illusioni, li rende, invece, ombre fraterne, beffarde e ripugnanti, appropriate alla realtà del nostro XXI secolo. L’evocazione della loro originaria sostanza sembra improvvisamente rispecchiare il tempo che ci imprigiona. Nella cronica di Saxo Grammaticus, Hamlet diventa nostro contemporaneo. Esce dalla casa di Shakespeare, torna al laconico furore della Storia e getta la maschera: un capo clandestino e scaltro, un professionista della violenza, un tirannicida che si fa tiranno.
“Con il suo Don Giovanni Mozart entra a far parte di quella piccola e immortale schiera di uomini il cui nome, le cui opere il tempo non dimenticherà, giacché è l’eterno a ricordarli”, e con Søren Kierkegaard rimaniamo ancora un attimo nelle lande danesi per uno sguardo altro su quell’opera ‘magistrale’ la cui première – com’è noto – ebbe luogo nel Teatro Nazionale di Praga, “accolto con il più vivo entusiasmo”, come scrisse Mozart all’amico Gottfried von Jacquin. Da quel medesimo storico teatro proviene l’allestimento anch’esso ‘storico’ concepito nel 1967 – un anno prima della sfortunata “Primavera” praghese – dal grande scenografo ceco Josef Svoboda assieme al regista Vacláv Kaslík, compagno inseparabile di tante memorabili avventure artistiche. La scenografia riprende – quasi riflettendola ‘a specchio’ – la preziosa architettura rococò del teatro praghese e dunque sarà come portarlo a Ravenna, per far rivivere come in un viaggio nello spazio e nel tempo l’emozione
e la magia di quel lontano 29 ottobre del 1787. La presenza del Teatro Nazionale dell’Opera di Praga – assieme alla sua orchestra, al suo coro ed ai suoi cantanti – sarà arricchita anche da quella del
suo Balletto, che si esibirà, in un programma interamente dedicato a Mozart, concepito per Ravenna Festival e comprendente l’intensa coreografia di Jirí Kilián – Petite Mort – ed una del giovane direttore artistico del balletto, Peter Zuska, realizzata appositamente per le celebrazioni mozartiane, sulle note del Requiem.
Il tema mozartiano verrà declinato con altre variazioni, che vanno dai grandi concerti, come quello in cui Riccardo Muti alla testa dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e del Coro del Wiener Staatsoper, nella suggestiva cornice di Sant’Apollinare in Classe, proporrà alcune tra le più straordinarie pagine sacre di Mozart (Ave Verum Corpus, Vesperæ solmnes de confessore ecc.), ad una originalissima rilettura della figura della Regina della Notte, effettuata da un binomio oramai rodatissimo: quello di Cristina Muti e Micha van Hoecke. Anche qui rivivrà lo spirito visionario ma pregno di umanità di Schikaneder, in un’atmosfera notturna e sognante, non cupa ma pervasa dallo stupore e come sospesa in una vaga caligine sonora da cui emergono voci ed echi mozartiani, ma come fossero richiami di uccelli notturni, presaghi di qualcosa che incombe e da cui saremo avvinti. Anche l’Ensemble di Micha, che fin dagli inizi è ininterrottamente tra i protagonisti assoluti del Festival, è un gruppo trans-nazionale di danzatori esuli ed erranti che felicemente convivono nella grande ed ospitale casa dell’Arte ed il grande coreografo belga-russo ha sempre avuto il compito ‘storico’ di interpretare volta per volta i temi che il festival si è dato.
Sempre particolarmente ampia e prestigiosa la fascia di programmazione riservata alle compagini sinfoniche ed ai grandi direttori d’orchestra. Riccardo Muti dirigerà complessivamente cinque concerti, tre dei quali alla guida della Cherubini, rinnovando anche la consuetudine inaugurata lo scorso anno della “prova d’orchestra”, uno sul podio della New York Philharmonic Orchestra, ed un altro su quello dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino per il consueto appuntamento con “Un ponte di fratellanza per le vie dell’amicizia attraverso l’arte e la cultura”. La New York Philharmonic Orchestra sarà impegnata anche nel concerto che segna l’apertura del Festival con il proprio direttore stabile, già più volte acclamato ospite della manifestazione ravennate, Lorin Maazel. Altra presenza significativa
sarà quella di Yurij Temirkanov, tra i più grandi direttori oggi in circolazione sulla scena internazionale, che dirigerà l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, per la prima volta a Ravenna, con un avvincente programma interamente dedicato ai grandi compositori russi. Rimanendo in terra russa sarà la volta di un altro grande direttore (nonché
musicista oramai leggendario): Mstislav Rostropovicˇ che a capo dell’Orchestra Cherubini si cimenterà in un programma dedicato a Dmitrij Sˇ
ostakovicˇ, di cui ricorre il centenario della nascita. Proprio “ricordando” Sostakovic a Rostropovic verrà consegnato il Premio Ravenna Festival 2006 (dopo Tonino Guerra, Ennio Morricone e Riccardo Muti). Tra le importanti celebrazioni che ricorrono nel 2006 Ravenna Festival non poteva dimenticare, assieme a Mozart e Sˇostakovicˇ, Robert Schumann, di cui
Muti dirigerà l’ultima delle sinfonie, la Quarta, con la New York Philharmonic (e vi sarà spazio anche per Padre Giovanni Battista Martini, che introdusse Mozart ai segreti dello stile contrappuntistico “all’antica e all’italiana”, e Baldassare Galuppi). La sempre ampia sezione musicale del festival è poi variamente completata da altre interessanti proposte, che vanno dalla musica sacra nelle nostre magnifiche basiliche (In Templo Domini) – protagoniste quest’anno due prestigiose compagini vocali: la viennese Sine Nomine, diretta da Johannes Hiemetsberger e l’olandese Capilla Flamenca -, alle oramai consuete ed altamente apprezzate liturgie musicali domenicali che scandiscono il calendario del festival, fornendo l’occasione di fare conoscenza di tesori sia musicali che
architettonici tanto preziosi quanto spesso ‘nascosti’, dai concerti cameristici, che oltre alla straordinaria presenza di uno dei massimi pianisti viventi, Alfred Brendel, comprendono una formazione composta da prime parti dei Wiener Philharmoniker (Wolfgang Schulz, Ernst Kovacic, Elmar Landerer e Franz Bartolomey) che proporrà due dei quartetti con flauto di Mozart oltre che trascrizioni dal Don Giovanni e dal Flauto magico, fino agli appuntamenti legati alla popular music. Quest’anno il Festival ospiterà Joe Zawinul, assieme a pochi altri (il sommo Miles Davis primo tra tutti) tra i padri indiscussi del jazz elettrico. “Night Passage” il titolo del progetto musicale che Zawinul presenterà a Ravenna – in prima italiana – accompagnato dalla WDR Big Band di Colonia composta da oltre 30 straordinari musicisti. Il grande tastierista-pianista, nel concerto “evento” di Ravenna riproporrà hits come “In A Silent Way” o “Black Market” assieme ai riarrangiamenti di brani che hanno fatto la storia dei Weather Report di cui Zawinul è stato il fondatore con Wayne Shorter. Con il titolo di Mozartiadi si è poi voluto realizzare uno spazio dedicato alla musica da camera con orari ed in luoghi “non convenzionali”. Il termine che è stato coniato fa chiaramente riferimento alle Schubertiadi, proprio per indicare il carattere non formale e conviviale di una fruizione della musica da parte del pubblico in cui più facilmente si instaura un rapporto di irrituale vicinanza e complicità con gli interpreti. Protagonisti principali saranno i giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini, per il secondo anno orchestra in residenza del nostro festival, raccolti in varie formazioni da camera. La gioia del far musica e del concertare assieme è infatti all’origine di ogni espressione musicale autentica, dal duo alla grande orchestra sinfonica. Il tradizionale spazio dedicato alla danza oltre al Balletto del Teatro Nazionale dell’Opera di Praga vedrà il ritorno di Roberto Bolle (con l’avvincente Gala “Roberto Bolle and Friends”), la statunitense Parsons Dance Company che presenterà al Festival un programma che unisce nuove creazioni con alcune fra le più famose coreografie di David Parsons come “Hush” e “Kind of Blue” e, infine, Iñaki Urlezaga con il Ballet Concierto, la compagnia fondata dall’astro nascente della danza argentina, che al Festival proporrà due titoli di grande fascino come Carmen e Don Chisciotte, assieme all’etoile cubana Lorna Feijó.