Alchimie popolari “Una balera ai giardini”
23 maggio – 20 luglio 2013
Ravenna Festival 2013, che giunge alla xxiv edizione, conferma la formula sperimentata con successo nel 2012 che amplia ed articola il periodo di programmazione lungo l’intero arco dell’anno. A febbraio l’anteprima con “Alchemy” il nuovo spettacolo ideato da Moses Pendleton per i Momix che ha debuttato in prima mondiale al Teatro Alighieri, da maggio a metà di luglio il ‘corpo centrale’ del Festival e, a novembre, la “Trilogia d’Autunno” quest’anno incentrata sul rapporto tra Giuseppe Verdi e William Shakespeare.
Il tema
Partendo dalla “Trilogia popolare” verdiana che ha concluso l’edizione 2012 del festival, si è pensato di declinare il concetto stesso di “popolare” conferendogli una centralità tematica che innerverà parte della programmazione, indagandone le varie sfaccettature. Questo consentirà di approfondire quella che è stata la diffusione al di fuori dei teatri d’opera delle musiche di Giuseppe Verdi attraverso le trascrizioni per strumenti diversissimi (dal pianoforte, con le tante parafrasi, ai più “umili” fisarmonica o ocarina), ed anche per le bande.
Altra dimensione che verrà scandagliata attiene in modo particolare alla storia recente del nostro territorio ed alla sua “identità” (anche sapientemente costruita e resa leggenda): la musica da ballo romagnola ovvero il cosiddetto Liscio. A partire da due figure fondamentali quali quelle di Carlo Brighi (detto Zaclèn), che fu il primo a fondere la musica da ballo della tradizione contadina con le nuove danze di coppia, e soprattutto di Secondo Casadei, che a quel nuovo genere ha conferito la dimensione di leggenda. La musica da ballo romagnola rappresenta una vicenda unica e incomparabile che al tempo stesso racchiude il percorso esemplare di una terra, come la Romagna, che per un secolo e mezzo ha fatto proprio della musica da ballo una sorta di filo conduttore di molteplici aspetti e mutamenti delle espressioni sociali e collettive nel tumultuoso periodo di transizione alla modernizzazione e alla contemporaneità. Musicisti dei nostri giorni saranno chiamati a re-interpretare in chiave attuale lo sterminato repertorio del “liscio” romagnolo, anche “contaminandolo” con altre tradizioni musicali quali quella delle brass band balcaniche, il jazz, la musica klezmer ecc.
È così che il festival ha scelto di “battezzare” un luogo che sarà dedicato per tutta la durata della manifestazione alla musica popolare e al ballo, e quindi con un palco, una pista, una “cassa armonica” per le esibizioni bandistiche: la Balera ai Giardini.
La Balera ai giardini
Il tema “popolare” troverà buona parte del suo svolgimento in un luogo allestito appositamente nei Giardini Pubblici sullo sfondo dell’elegante Loggetta Lombardesca, luogo che rievocherà l’ambiente delle vecchie “balere”, anche quelle di campagna, che hanno scandito la vita sociale e conviviale della Romagna a partire dalla fine dell’800. Il ballo (ma non solo) diviene così un momento centrale, da cui sono scaturiti stimoli per la caratterizzazione di repertori musicali inediti ed ancor oggi sorprendentemente originali e certamente da riscoprire, almeno da parte delle più giovani generazioni.
L’idea è quella di riproporre la tradizione, senza ideologie filologiche, per come è vissuta ancora oggi negli stessi luoghi in cui è nata e miracolosamente si riperpetua, ed anche di sottoporla ad una rilettura che ci consenta di ri-viverla con un approccio rinnovato. La musica “di tradizione” si innerva così di altri linguaggi, come quello del jazz (ma vale la pena di notare che il cosiddetto “folclore romagnolo” nasce poi, con una fertile invenzione, negli stessi anni in cui inizia a diffondersi la musica ‘autoctona’ dei neri afroamericani) o del “progressive rock”, oppure viene coniugato, in una sorta di “meticciato” musicale, con le tradizioni popolari dei Balcani, o con il linguaggio sinfonico classico. La figura di Secondo Casadei diviene il fulcro di una serie di incontri che vedono di volta in volta il folklore romagnolo confrontarsi con altri linguaggi. Protagonisti, oltre agli eredi (prosecutori) ancora depositari di una tradizione ‘vivente’ come l’Orchestra Grande Evento, alcuni dei maggiori jazzisti italiani, come Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, o esponenti di spicco della musica popolare come Riccardo Tesi, o a cavallo tra i due mondi come il fisarmonicista Simone Zanchini. Significativa appendice è quella dedicata ad una tra le maggiori tradizioni bandistiche italiane, come quella pugliese, anch’essa “contaminata” dal jazz o dall’etno rock di Radiodervish. Alcuni appuntamenti poi porranno l’accento sulle radici popolari di molte musiche verdiane, restituendole a modalità esecutive proprie delle musiche di tradizione.
Concerti lirico-sinfonici e cameristici
Mai come quest’anno la presenza di Riccardo Muti è così centrale ed insostituibile; nell’anno in cui si celebra il bicentenario del grande patriarca della musica italiana, Giuseppe Verdi, che come nessun altro ha saputo mettere in scena le grandi passioni umane, sapendosi far comprendere da tutti e dando così al termine ‘popolare’ un significato ancor più universale e profondo. Ed a Verdi sono interamente dedicati i due concerti che Muti, sommo interprete verdiano dei nostri giorni, dirigerà a Ravenna: sul podio della Cherubini e con l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma con il Nabucco di Verdi in forma di concerto.
L’orchestra sinfonica sarà poi protagonista in altre quattro originali proposte, variamente connesse con il tema del festival, la prima delle quali vedrà nel ruolo di Konzertmeister il primo violoncello dei Wiener Philharmoniker, Franz Bartolomey che ci condurrà, assieme all’orchestra, in un’affascinante itinerario che segue le tracce della presenza del valzer nel grande repertorio sinfonico, da Carl Maria von Weber a Johann Strauß jr. concludendo con colui che venne denominato lo “Strauss della Romagna”, ovvero Secondo Casadei, a cui verrà dedicato un grande concerto nel quale, accanto ad una formazione orchestrale ‘tradizionale’ di folklore romagnolo, si affiancheranno i giovani della “Cherubini”, in quella che sarà la prima trasposizione ‘sinfonica’ degli evergreen del grande musicista di Sant’Angelo di Gatteo, che ha fatto ballare, sognare e… innamorare generazioni di romagnoli. Gli altri due protagonisti saranno Steve Vai, considerato tra i massimi chitarristi rock al mondo (già stretto collaboratore di Frank Zappa) e un grandissimo songwriter come Burt Bacharach con l’Orchestra Giovanile dell’Opera di Roma. Presenze straordinarie, nell’ambito cameristico, saranno poi quelle della pianista argentina Martha Argerich, con un programma dedicato al tango, e del violoncellista Yo-Yo Ma, accompagnato dalla pianista Kathryn Stott, come il recital bachiano del pianista iraniano Ramin Bahrami.
A Mirandola con il concerto dell’Amicizia
Il percorso del Festival sulle vie dell’amicizia in questa edizione farà tappa in quella parte della nostra regione ferita dal terremoto. Nel cuore di Mirandola, Riccardo Muti, la ‘Cherubini’, coro e solisti, dedicheranno alle popolazioni vittime del sisma un programma di arie tratte dalle più note opere di Giuseppe Verdi. Nello spirito con il quale sono sempre stati realizzati i concerti delle Vie dell’Amicizia, giovani musicisti e coristi dei paesi del territorio saranno in questa occasione chiamati a far parte del grande ensemble corale e strumentale diretto da Riccardo Muti.
Musica sacra nelle basiliche
I consueti appuntamenti nelle basiliche bizantine, tra concerti di musiche sacre e liturgie domenicali, sono interamente incentrati sul tema del rapporto tra musiche di tradizione popolare e musica colta. Se il concerto intitolato “Da Notre Dame al Montiferru”, che vede protagonisti l’ensemble vocale Odhecaton, diretto da Paolo Da Col assieme al coro Su Concordu ‘e su Rosariu di Santu Lussurgiu, alterna brani di polifonia medievale e rinascimentale di Pérotin, Desprez e Guillaume de Machaut ad antiche polifonie sarde, le messe Luba (utilizzata tra l’altro nel Vangelo secondo Matteo di Pierpaolo Pasolini) e Criolla sono frutto di un sincretismo culturale che si innesta nella tradizione popolare argentina ed in quella congolese, con esiti toccanti e significativi.
Nell’anno dedicato agli scambi culturali fra Italia e Ungheria, nella cornice bizantina di San Vitale, presenteremo il Coro maschile di Sant’Efrem il Siro che da anni si dedica con rigore allo studio della musica liturgica di rito bizantino oltre che al repertorio corale dei compositori ungheresi, primo fra tutti Béla Bartók.
Musica nei chiostri
Nel suggestivo scenario dei Chiostri della Biblioteca Classense un itinerario nella canzone italiana lungo quattro secoli sarà proposto dalla voce di Vincenzo Capezzuto accompagnato dall’ensemble Soqquadro Italiano: “Da Monteverdi a Mina”, per rintracciare quei punti di continuità che legano la nostra contemporaneità musicale al mondo lontano e quasi leggendario del Barocco. L’argentino Hugo Aisemberg, uno dei massimi conoscitori della musica di Astor Piazzolla, presenterà invece un programma interamente dedicato al tango, dalla milonga alle musiche di Piazzolla, esplorandone le pagine meno note col suo pianoforte e quintetto d’archi; mentre il recital della pianista croata Martina Filjak sarà espressamente incentrato sulla presenza di temi popolari nel repertorio pianistico romantico e novecentesco.
Musica contemporanea e altre musiche
Se c’è un compositore che ha saputo, come pochi altri miscelare “alto” e “basso”, tradizione “culta” e “pop” e “folklore”, questi è Luciano Berio di cui ricorre il decennale dalla scomparsa. Il Nextime Ensemble, diretto da Danilo Grassi, in collaborazione con Tempo Reale (il centro di ricerca elettroacustica fondato a Firenze dallo stesso Berio) proporranno un programma che sintetizza le principali linee di ricerca musicale del grande compositore, a partire da Naturale, che cita ed elabora canti di lavoro, d’amore, ninne nanne siciliane, commentata dalla voce di Celano, forse l’ultimo vero cantastorie siciliano, fino a Cries of London, breve ciclo di sette pezzi vocali di carattere popolare il cui testo è essenzialmente una libera scelta delle famose frasi dei venditori nelle strade della vecchia Londra. Con il progetto We Want Michael, Enrico Rava, uno dei veterani del jazz italiano, esalta le bellezze nascoste e l’insospettata complessità della musica di Jackson, ponendola in una più corretta prospettiva assai lontana dai falsi luoghi comuni che spesso hanno circondato la figura del Re del Pop.
Direttamente dall’adrenalinica scena dei club londinesi arriva poi il concerto di PB Underground, una super band composta da straordinari musicisti jazz, soul e funky per una serata tutta da ballare. Sempre all’insegna di proposte innovative nell’ambito della sperimentazione, dell’elettronica e dell’indie rock – per la prima volta in Italia – sul palcoscenico dell’antica Rocca Brancaleone si esibirà la band psichedelica australiana Tame Impala.
Un Festival che danza
Lo spazio dedicato alla danza comprende eventi di eccezionale importanza internazionale: dopo Alchemy dei Momix, a maggio sarà la volta della prima italiana di Sleeping Beauty, l’ultima creazione del coreografo e regista inglese Matthew Bourne, assieme alla sua compagnia New Adventures e al pluripremiato scenografo-costumista Lez Brotherson, sulle immortali musiche di Caikovskij.
Sempre da Londra, in esclusiva per il Festival, un’altra produzione firmata Sadler’s Wells: Men In Motion, galà-rassegna dei grandi ruoli maschili nel balletto classico e moderno, concepito dal grande danzatore ucraino Ivan Putrov. Uno dei maggiori coreografi attivi oggi a livello internazionale, il Sidi Larbi Cherkaoui (del quale ricordiamo lo splendido Sutra), proporrà al Festival la sua interpretazione del tango con Milonga – A Tango Project. Tango trasfigurato in una dimensione affatto contemporanea in cui Sidi Larbi, assieme ad un cast selezionato tra i migliori danzatori e musicisti argentini, catturerà l’atmosfera e l’essenza della Milonga così come della new wave porteña della tango fusion dance.
Dopo molti anni torna in Italia il coreografo statunitense Mark Morris assieme al suo Dance Group presenterà alcune delle sue raffinate creazioni su musiche di Bach, Hummel, Henry Cowell e Lou Harrison rigorosamente eseguite dal vivo, caratteristica essenziale che definisce l’idea stessa di danza di Morris.
Va segnalata infine l’adesione del Ravenna Festival al progetto Ric.Ci (Reconstruction Italian Contemporary Choreography anni Ottanta-Novanta), ideato da Marinella Guatterini, che prevede la messa in scena di tre basilari lavori della danza post-moderna italiana: Duetto di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, La Boile de Neige di Fabrizio Monteverde e Calore di Enzo Cosimi. Nel filone che discende da questi autori si colloca la presenza di Simona Bertozzi, interprete di una sua coreografia su musiche di Arcangelo Corelli nel tricentenario della morte.
Un particolare focus sarà dedicato alla nuova danza africana con la giovane danzatrice e coreografa sudafricana Dada Masilo, che presenterà una originalissima ed iconoclasta versione del Lago dei cigni, e del danzatore-coreografo keniota Anuang’A il quale, con lo spettacolo Feelings & Voices, assieme a un gruppo di guerrieri Maasaï, trova la fede e la forza proprie dei riti iniziatici del popolo che vive sugli altopiani al confine tra il Kenia e la Tanzania per canalizzarle e amplificarle in una gestualità e in una vocalità di grande potenza primitiva.
Un luogo magico: Palazzo San Giacomo a Russi
Il grande prato di Palazzo San Giacomo rappresenta ormai un luogo ‘classico’ della programmazione del Festival. Uno spazio magico, immerso nella campagna, a ridosso del fiume Lamone, che si presta particolarmente, anche in virtù del clima informale che si viene a creare, ad appuntamenti legati alla musica popolare e di tradizione. Così anche quest’anno, in stretta connessione con il percorso tematico del Festival (con un focus sulle musiche popolari dei Balcani e dell’Europa dell’Est, anche di tradizione ebraica, come la musica Klezmer) si proporranno artisti di fama internazionale o progetti ancora inediti per l’Italia come Transglobal Underground meets Fanfara Tirana, gli statunitensi Klezmatics e, dalla Serbia, Boban Marko Markovic Orkestar.
Trilogia d’Autunno “Verdi & Shakespeare”
Torna il progetto della “Trilogia d’Autunno” incentrato su una terna di produzioni originali nell’ambito del teatro musicale con l’ideazione, la regia ed il coordinamento artistico di Cristina Mazzavillani Muti, assieme ad un gruppo di lavoro oramai consolidato (ed esperto nell’applicazione delle nuove tecnologie dell’immagine e del suono) e con la modalità “laboratoriale” che ha fin qui consentito una preziosa attività di promozione dei nuovi talenti.
A chiudere le celebrazioni per il bicentenario della nascita, Giuseppe Verdi resta l’autore di riferimento con un omaggio nel quale verranno presentate assieme e a stretto confronto fra loro, i tre grandi capolavori nei quali il genio teatrale del musicista italiano viene esaltato dall’incontro con le opere del più grande drammaturgo della storia, William Shakespeare: Macbeth, Otello e Falstaff.