“Ho camminato sulla lunga strada per la libertà”. Dedicato a Nelson Mandela
13 maggio – 23 luglio 2016

Programma PDF

Non esiste un cammino facile per la libertà e molti di noi dovranno passare attraverso la valle dell’ombra della morte, più e più volte prima di raggiungere la vetta dei propri desideri.

Nelson Mandela

La scelta tematica dell’edizione 2016 del Festival ci riporta alla storia del Novecento – dopo aver affrontato nel 2014 lo scoppio della Grande Guerra (“1914: L’anno che ha cambiato il mondo”) –con una dedica ad uno dei maggiori protagonisti del “secolo breve”, vera e propria “icona” del mondo contemporaneo: Nelson Mandela. Madiba (questo il suo nome all’interno del clan di appartenenza, di etnia Xhosa), che è stato un grande combattente per la libertà ma anche uno straordinario statista che ha lavorato per la riappacificazione rimuovendo le radici dell’odio, appartiene all’immaginario collettivo, assieme a Gandhi, Martin Luther King o in tempi più recenti San Suu Kyi: l’immaginario “positivo”, non quello legato al Terrore che pure ha permeato il secolo passato. Se Mandela ha lasciato una straordinaria eredità testimoniando con la propria esistenza i valori della libertà, della non violenza e dell’uguaglianza, ripudiando qualsiasi forma di razzismo e di sopraffazione, è con una grande creazione di teatro musicale che Ravenna Festival intende ricordarlo.

Mandela Trilogy (9, 10, 11, 12 giugno, Teatro Alighieri), che verrà presentata in prima nazionale a Ravenna, è un’importante produzione di Cape Town Opera, la principale struttura produttiva in ambito operistico attiva nel continente africano (già molto nota ed apprezzata anche in Europa per un bellissimo allestimento di Porgy and Bess), scritta da Michael Williams (che ne è anche regista) con musiche di Mike Campbell e Peter Louis van Dijk. Williams ha concepito una trilogia composta da tre episodi che rimandano ad altrettanti periodi chiave della vita di Mandela, ciascuno dei quali composto in un differente stile musicale. Mandela Trilogy si apre con una sorta di oratorio ove si narrano gli anni di formazione del giovane Mandela nella regione del Transkei popolata dall’etnia Xhosa, in cui il compositore elabora in modo classico i canti tradizionali. Il Mandela “rivoluzionario” è invece evocato nel secondo atto ambientato a Sophiatown e caratterizzato da un’atmosfera estremamente jazzy, mentre il terzo ed ultimo episodio ci conduce agli anni di Robben Island ed alla marcia finale verso la libertà che porrà fine alla vergognosa e drammatica apartheid.

La lezione di Mandela, che ha camminato “sulla lunga strada per la libertà”, troverà il proprio controcanto in “How many roads must a man walk down / before you call him a man?”, ballata eseguita innumerevoli volte dalla coppia Dylan-Baez. Sarà infatti Joan Baez, icona del pacifismo protagonista a Woodstock e simbolo di una generazione in rivoluzione, a concludere il Festival (13 luglio, Pala De André) nell’anno in cui il filo rosso che lo lega esalta l’impegno per la difesa dei diritti civili e le voci in grado di interpretare le passioni e le spinte innovative dei grandi movimenti popolari che hanno contribuito a cambiare il mondo.

La figura di Mandela fornirà inoltre l’occasione per un focus che consentirà al pubblico del Festival di conoscere la grande ricchezza artistica e culturale del Sudafrica, a cominciare dalle potenti voci dei Ladysmith Black Mambazo (28 maggio, Chiesa di S. Giacomo Forlì), che tanto hanno contribuito ad una delle produzioni discografiche più belle degli ultimi decenni, ovvero Graceland (1986) di Paul Simon. For Mandela (20 giugno, Rocca Brancaleone) è un progetto curato da Pino Minafra dedicato – oltre ovviamente a Madiba – ai tanti straordinari musicisti sudafricani scomparsi prematuramente e che nasce intorno a Louis Moholo, uno tra i più significativi artisti del suo paese, membro fondatore dei Blue Notes, successivamente componente dell’orchestra Brotherhood of Breath, ultimo testimone della straordinaria e fertile stagione del jazz africano degli anni ’60, che con il suo spirito e la sua batteria guiderà il concerto. Il batterista, che ha vissuto in esilio in Inghilterra per molti decenni a partire dal 1964, sarà affiancato sul palco da Keith Tippett, musicista inglese alfiere di uno fra i più intensi viaggi musicali a cavallo tra gli anni ’60 e i decenni successivi, e dalla moglie Julie Tippetts, cantante dalla voce insostituibile. Un vero e proprio omaggio per ricordare il tremendo periodo storico caratterizzato dall’apartheid, e dunque la paziente missione di Mandela, attraverso composizioni di Chris McGregor, Dudu Pukwana, Johnny Dyani, Mongezi Feza, Harry Miller, Enoche Sontoga, oltre a brani dello stesso Keith Tippett e una dedica di Pino Minafra “Canto General” al grande poeta cileno Pablo Neruda. Tra i protagonisti di quella irripetibile stagione musicale c’è anche Hugh Masekela (23 giugno, Teatro Rasi), compagno d’arte e di vita di Miriam Makeba, che rimane uno degli artisti africani di maggior successo sia in patria che a livello internazionale. Tra l’altro, Masekela incise nel 1986 con la sua orchestra Kalahari, dopo molti hits e collaborazioni prestigiose, un singolo di grande successo, Bring Him Back Home, brano scritto in favore della campagna per la scarcerazione di Nelson Mandela che divenne infatti uno degli inni della campagna “Free Mandela”.

Pianeta Giappone

Nell’anno delle celebrazioni del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, un importante filone tematico parallelo viene dedicato al Paese del Sol Levante a cominciare dai due concerti che Riccardo Muti, che con il Giappone ha un legame di antica data (risalente almeno al primo concerto nel 1975 con i Wiener Philharmoniker), ha diretto a Tokyo in marzo al Bunka Kaikan e al Metropolitan Theatre nell’ambito del Tokyo Spring Festival, sul podio della Tokyo Harusai Festival Orchestra e dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Concerto che verrà riproposto a Ravenna (3 luglio, Pala De André) – nella migliore tradizione del progetto “Le Vie dell’Amicizia” lanciato nel 1997, ma questa volta in un viaggio a ritroso – con la partecipazione dei cori del Teatro Petruzzelli di Bari e del Friuli Venezia Giulia.

A questo si aggiunge una delle rare e preziose occasioni di poter ascoltare la più importante pianista giapponese, Mitsuko Uchida, tra le massime interpreti del suo amato Schubert, di cui eseguirà l’integrale dei due libri di Improptus (1 giugno, Teatro Alighieri), e di ammirare la più importante compagnia giapponese di danza butoh, Sankai Juku, fondata e diretta (nel 1975) da Amagatsu Ushio, che proporrà sul palcoscenico del Teatro Alighieri Utsushi (14 giugno, Pala De André).

Concerti sinfonici

Come sempre il Festival propone alcune delle migliori compagini orchestrali sotto la bacchetta di grandi direttori. Se Riccardo Muti con la sua Cherubini dirigerà un concerto che è la quintessenza dello stile classico, con Schubert e Beethoven (4 giugno, Pala De André), il direttore ungherese Ivan Fischer si cimenterà con l’orchestra da lui stesso fondata, la Budapest Festival Orchestra, con un monumento del sinfonismo mitteleuropeo come la Sinfonia n. 8 di Dvorˇák oltre che con un gigante del Novecento come Stravinskij (10 giugno, Pala De André). La Mahler Chamber Orchestra (19 giugno, Pala De André) e l’Hamburg Philharmonic (11 luglio, Pala De André), rispettivamente dirette da Daniel Harding e da Kent Nagano, proporranno autori da Beethoven al contemporaneo inglese Mark-Anthony Turnage. Ancora Muti, poi, proporrà un concerto, sempre con la Cherubini, che è un po’ una sorta di divertissement (musiche di Francesco Cappa e Wolfgang Amadeus Mozart) e si avvale di un fuoriclasse come David McGill, primo fagotto della Chicago Symphony Orchestra (5 luglio, Teatro Alighieri).

Ravenna si trasforma per una settimana in Cellolandia

Una pacifica ma massiccia invasione sarà quella di cui la città sarà teatro ad opera di cento violoncellisti provenienti da tutta Europa. Il progetto di Cellolandia (12-18 giugno), ideato e capitanato da Giovanni Sollima e Enrico Melozzi (fondatori della Società Italiana del Violoncello) animerà un’intera settimana fino a notte fonda (e talvolta partendo dall’alba) con concerti ed esibizioni in ogni angolo della città, sia da parte di giovani musicisti entusiasti che di alcuni tra i più importanti violoncellisti della scena internazionale, come Mario Brunello, Ernst Reijseger, i Violoncellisti della Scala, l’irresistibile folletto californiano Rushad Eggleston, oltre ovviamente allo stesso Giovanni Sollima. Il tutto si concluderà con un grandioso concerto finale Let’s Dance! (18 giugno, Rocca Brancaleone) che vedrà la partecipazione di tutti i 100Cellos – oltre a vari “guest” a sorpresa – e che avrà come tema il ballo, dalle sarabande barocche alla musica disco e techno, passando per liscio e pizzica. Oltre a tutto questo, verrà indetto un concorso di composizione con rigorosa clausura notturna dei partecipanti nel Teatro Alighieri e con esecuzioni dei brani appena terminati aperte al pubblico nella mattinata successiva.

Contemporanea

Prosegue il percorso attraverso la musica del Novecento e i suoi protagonisti (“La Tradizione del Nuovo”: 2, 3, 5 giugno, Sala del Refettorio del Museo Nazionale), iniziato nel 2015 con i due omaggi a Boulez e Bartók, e che quest’anno avrà come principali protagonisti l’americano Morton Feldman (1926-1987) e Luigi Nono (1924-1990), entrambi esploratori di sconfinati territori sonori, veri e propri solitari utopisti della musica ma con una passione particolarissima per le analogie tra musica e pittura (storiche le collaborazioni di Nono con Emilio Vedova e le “affinità elettive” di Feldman con la scena dell’espressionismo astratto newyorkese). A questo si aggiungeranno esecuzioni di compositori italiani viventi che vanno da Salvatore Sciarrino ad Alessandro Ratoci, di cui verrà eseguita una composizione in prima assoluta. Continua inoltre la collaborazione del Festival con le principali realtà di musica elettroacustica italiana, da Tempo Reale a Edison Studio, a cui si deve la sonorizzazione in live electronics del film muto di Alfred Hitchcock Blackmail (1929), con la partecipazione di Ivo Nilsson al trombone e di Daniele Roccato al contrabbasso (questa coproduzione Ravenna Festival ed Edison Studio rientra nel progetto “SIAE – Classici di oggi”: 7 giugno, Palazzo dei Congressi).

In Templo Domini

Le nostre basiliche risuoneranno come sempre di raffinate musiche preclassiche, che vanno dal medioevo al barocco, con formazioni di eccellenza in ambito internazionale come gli acclamatissimi Tallis Scholars per la prima volta al Festival (27 giugno, Sant’Apollinare in Classe) e il prestigioso Westminster Cathedral Boys Choir (4 luglio, Sant’Apollinare in Classe). Senza dimenticare le liturgie musicali che scandiscono le domeniche del Festival, con ospiti di eccezione come il Cape Town Opera Chorus diretto da Tim Murray oltre ai già citati Tallis Scholars e Westminster Cathedral Boys Choir.

La danza

La programmazione di danza, che ha sempre un ruolo centrale nel Festival, propone, oltre al citato e prezioso Utsushi di Sankai Juku, l’atteso ritorno sul palcoscenico del Pala De André di Svetlana Zakharova che in compagnia di altre straordinarie étoiles del Teatro Bolshoi, come Mikhail Lobukhin e Denis Rodkin, si cimenterà in un bellissimo programma concepito appositamente per Ravenna e che non a caso comprende un omaggio dantesco come Francesca da Rimini coreografato da Yuri Possokhov sulle musiche emozionanti di Cˇajkovskij (30 giugno, Pala De André).

Un omaggio ad una delle massime protagoniste della modern dance statunitense come Twyla Tharp (24 giugno, Pala De André), il cui strepitoso mezzo secolo di attività si è sempre sviluppato sotto il segno dell’originalità e dell’innovazione, proseguirà la “galleria” ideale dei grandi coreografi ospitati a Ravenna (ci limitiamo a ricordare Trisha Brown e Mark Morris, anch’essi americani). Il 2016 poi sarà ricordato anche come l’anno che ha visto per la prima volta a Ravenna Festival una compagnia leggendaria come l’israeliana Batsheva Dance Company, fondata e diretta da Ohad Naharin, anch’egli da annoverare tra i massimi coreografi viventi per il potente, duttile e personalissimo linguaggio che ha saputo maturare, e che a Ravenna presenterà Decadance (6 luglio, Pala De André). Xebeche è invece l’ultima creazione del Gruppo Nanou, che ha base a Ravenna, e che negli ultimi anni si è saputo imporre all’attenzione sulla scena della danza contemporanea italiana per l’originalità del suo approccio, denso di rimandi alle arti figurative e al cinema:“Isolando la figura, la situazione, annullando la narrazione, creiamo scene di avvicendamento onirico” (8, 9, 10 giugno, Artificerie Almagià). A Édith Piaf è invece ispirata la nuova creazione di Micha van Hoecke: un susseguirsi di quadri scenici a suggerire il mondo che circondava la chanteuse de rue, affollato di personaggi colorati e lunari (28 giugno, Teatro Alighieri). La programmazione di danza del Festival di quest’anno si concluderà con Shostakovich e Writing Ground presentati dalla compagnia di danza contemporanea Alonzo King LINES Ballet, guidata dal 1982 dal visionario coreografo Alonzo King, creatore di brani dove la purezza neoclassica incontra e sposa con accostamenti vertiginosi la fluidità sanguigna della danza afroamericana (9 luglio, Pala De André).

Il teatro

Il filo rosso di questo Festival si intreccia una volta ancora alla storia del XX secolo e ai motivi dell’uguaglianza, con la narrazione di Federico Buffa (31 maggio, Palasport Angelo Costa) di una delle edizioni più controverse dei Giochi Olimpici, quella del 1936 che Hitler intendeva trasformare nell’apoteosi della razza ariana e invece vide gli atleti neri Cornelius Jonshon, Dave Albritton, Jesse Owens conquistare ripetutamente il podio, il tutto documentato in diretta dalle immagini di Leni Riefensthal che regalarono alla storia la straordinaria smorfia di disappunto di Hitler al terzo oro di Owens.

Le celebrazioni per il quarto centenario dalla morte di Shakespeare offrono l’occasione per accendere un piccolo lume dedicato al mistero del genio del Bardo: Chiara Muti ed Elena Bucci trasformeranno il silenzio del parco del Mausoleo di Teodorico in una Folia Shakespeariana (22 giugno) popolata di bianchi e leggeri palcoscenici in cui ospitare le ombre di personaggi maggiori e minori, fuggiti dalle trame delle opere di Shakespeare, rileggendo parole magiche che sopravvivono al tempo, alle traduzioni e ad ogni tradimento.

È invece fra attualità e mito che si dipana Human (8 e 9 luglio, Teatro Alighieri): “D’armi io canto e dell’eroe che, primo, dalle coste di Troia venne all’Italia, profugo per suo destino”. La prima ispirazione è stata l’Eneide, il poema di Virgilio che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi: Marco Baliani è partito dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. Poi l’incontro con Lella Costa e la reminiscenza di un altro mito, ancora più folgorante nella sua valenza simbolica e profetica: Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte del fiume Ellesponto. A partire dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l’“Odissea ribaltata”, Human pone al centro lo spaesamento comune, quell’andare incerto di tutti quanti gli human beings in questo tempo fuori squadra: “Vorremmo costruire un teatro spietatamente capace di andare a mettere il dito nella piaga riguardo alla dicotomia umano/disumano nella nostra cultura”.

Romagna Felix

Le numerose sortite del Festival fuori Ravenna comporranno un denso itinerario nella città della Romagna e non solo. Sempre più stretto il legame con Forlì, che negli ultimi anni si sta affermando con un ruolo da protagonista della scena artistica nazionale. Dopo i due grandi concerti di Riccardo Muti, la città ospiterà due fondamentali episodi del palinsesto del Festival: da una parte inaugurando la sezione tematica dedicata a Nelson Mandela e dall’altra con l’omaggio ad un grande compositore forlivese, Giovanni Battista Cirri (1724-1808) da parte di un grande violoncellista dei giorni nostri, Giovanni Sollima (15 giugno, Chiesa di S. Giacomo). Un concerto di piano solo di uno tra i più importanti jazzisti europei, Stefano Bollani (29 maggio, Teatro Diego Fabbri), poi Sacre Corde (16 giugno, Chiesa di S. Giacomo), il concerto della Magnifica Comunità diretta da Enrico Casazza in un accattivante programma che è la vertiginosa summa del barocco italiano da Pergolesi a Vivaldi passando per Porpora, completeranno la programmazione forlivese del Festival.

Altre tappe irrinunciabili a Comacchio, con un progetto commissionato ad Ambrogio Sparagna che ci condurrà nel dedalo di isole dell’affascinante valle – un ambiente pressoché incontaminato ed unico in Europa – Tra Anguille e Tarante (18, 19 giugno); nonché a Russi, dove la straordinaria cornice di Palazzo San Giacomo sarà anche teatro della Lunga notte irlandese (25 giugno), in un delirio di violini, concertine e uilleann pipes. Russi non tradisce la sua vocazione alle musiche popolari e di tradizione ospitando anche una serata “monstre”, La lunga notte romagnola (26 giugno, Palazzo S. Giacomo), che celebra aspetti particolarmente sentiti della cultura romagnola, dal ballo liscio con i suoi più acclamati interpreti alla gioiosa e vivace celebrazione – nel centenario della morte – di Olindo Guerrini alias Stecchetti. Guerrini poeta, scrittore, gourmet, ciclista, viaggiatore ecc. è personaggio poliedrico che rappresenta la quintessenza di una terra ricca di contrasti ed inquietudini, che non disdegna mai i piaceri sia della buona tavola che dell’attività fisica (ecco allora In bicicletta con Olindo, a zonzo per aie tra parole, musica e cibi dimenticati).

Cultura e turismo

Per concludere, last but not least, l’edizione 2016 intende celebrare con un’importante novità la speciale relazione del Festival con la città e con i suoi monumenti più importanti, di cui ben otto – vale sempre la pena ricordarlo – patrimonio Unesco. Dal 13 maggio al 13 luglio, infatti, un doppio appuntamento scandirà quotidianamente le giornate del Festival nei due luoghi che sono meta imprescindibile di ogni visita alla città: gli Antichi Chiostri Francescani adiacenti la Tomba di Dante, al centro della zona del silenzio, che ogni mattina alle 11 ospiteranno un momento di spettacolo ispirato al grande poeta, e la Basilica di San Vitale, nella quale ogni pomeriggio alle 19 si rinnoverà l’appuntamento musicale con i Vespri.

Trilogia d’Autunno: Lungo il Danubio (14-23 ottobre)

Con questo trittico ‘danubiano’ si vuole rendere omaggio a quella grande civiltà (il “mondo di ieri” come lo definì e descrisse Stephen Zweig, che fu la l’Impero austroungarico giunto al suo inesorabile tramonto, quella “Felix Austria” che vide Vienna (e le grandi città dell’impero come Budapest) culla di uno straordinario fermento culturale, metropoli “sovranazionale” improntata alla più austriaca delle virtù, la “conciliazione tra i popoli”. Ma è un omaggio anche ad una forma di teatro musicale, l’“operetta” talvolta decisamente sottovalutata o incompresa ma che a cui si devono capolavori come quelli proposti e che raggruppano tre dei maggiori compositori di questo genere – Johann Strauss, Emmerich Kálmán e Franz Lehár – sempre affascinante e da cui provengono “evergreen” di grande popolarità celebrati in quel rito laico che il Concerto di Fine Anno da Vienna. Si tratta di tre nuove produzioni Gräfin Mariza (La Contessa Maritza), Die Fledermaus (Il pipistrello) e Die Lustige witwe (La vedova allegra), una delle quali realizzata appositamente per Ravenna Festival, dei principali teatri ungheresi che contribuiscono a mantenere alto il livello di una tradizione che non ha mai conosciuto cedimenti, tanto in essa vi si identificano alcuni degli elementi costitutivi di quella cultura mitteleuropea così ben tratteggiata da Claudio Magris nel suo “Danubio”. Si è voluto proporre al pubblico italiano questi tre capolavori nella loro forma integrale, che coniuga alla perfezione teatro, musica e danza e che costituisce l’illustre progenitore (grazie anche a compositori come Offenbach e Gilbert & Sullivan) del musical di Broadway e del West End (ma anche della commedia musicale nella sua declinazione italiana). A concludere il viaggio lungo il Danubio, dopo tre giorni di esibizioni negli angoli più diversi del centro storico, sarà la Budapest Gypsy Symphony Orchestra, un’orchestra di violini, viole, violoncelli, contrabbassi, clarinetti e cimbalom nella migliore tradizione zigana che non esiterà ad alternare in funamboliche esecuzioni pagine celebri di compositori quali Liszt, Bartók, Kodály, Brahms, Cˇajkovskij e Strauss a brani di musica tradizionale ungherese e zigana (23 ottobre, Teatro Alighieri).